venerdì 7 aprile 2017

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)

Cara, carissima Formica,
Sai, hai ragione: guardare la terra è troppo doloroso. Dove c’era il mio amico stanno spuntando i primi fili d’erba. Tutto intorno a me brulica e si muove. E’ primavera. Ormai Tasso sta diventando un ricordo. Forse, dopotutto, i morti non vanno da nessuna parte. E’ strano da pensare. Stanno nella terra –fermi, finiti- e dentro di noi – vitali ed infiniti - ma non esistono più. Siamo noi, i vivi, che ci muoviamo. È nostro il viaggio. Proprio come i protagonisti dell’ultimo libro di cui mi sento di parlarti prima di alzarmi da qui a cercar qualcosa da mettere sotto i denti.
Lo hanno scritto ed illustrato due italiane, Beatrice Masini e Arianna Papini. Si intitola Si può1, e racconta di Quello Grande, Bambino Medio e Bambina Piccola che partono lasciandosi alle spalle una casa distrutta. Camminano e camminano. Camminano davvero tanto. Anche loro come il bambino ed il papà del libro che mi hai raccontato si aggrappano alle cose più piccole del quotidiano per andare avanti: pensano al sonno, alle cose strettamente necessarie, a trovare la strada.È un inizio davvero straordinario, perché parla a tutti, trasformando il lutto in una metafora del cambiamento.


Vedi, lo spirito mediterraneo? Nemmeno una parola per nominare la morte. Anche le immagini la evocano solo attraverso l’assenza di colore e sono in generale allusive e mute, forse perché non ci sono immagini per rappresentare un futuro che ancora non c’è.
Camminano e camminano, Quello Grande, Bambino Medio e Bambina Piccola. Sono assieme, ma non si parlano. Hanno delle valigie, ma non le aprono. Ci si siedono sopra piuttosto, e ognuno di loro si tiene stretto il segreto del loro contenuto. Sono assieme ma sono anche molto soli. Finché un bel giorno decidono di fermarsi nei pressi di un buco. Il vuoto su cui si affacciano è estremamente pericoloso, così decidono di riempirlo. E siccome lì attorno non c’è niente, aprono le loro valige. E sai cosa tirano fuori? I ricordi, amica mia. Quello che avevano, quello che non hanno più. Gettano tutto dentro al buco, anche il libro delle storie che tanto sanno a memoria, anche la chiave della casa distrutta. Con molta fatica il buco si riempie. Sassi e conchiglie, giocattoli vecchi e foglietti. Tutto il passato finisce lì dentro, finché non rimane che una bella superficie piatta. Ora è possibile costruire una casa e ricominciare a vivere. 


Costruire una casa su un buco…
Sembra incredibile, vero Formica? Eppure si può. Si può. Non solo guardare per terra, non solo scrutare il cielo, ma anche partire e ricominciare. 


Loro lo hanno fatto, ora vedo di farlo anche io!
Scrivimi presto!

Scoiattolo

P.S. Sai, avevo letto un libro in cui anche la Morte ricominciava a sorridere dopo aver perso la sua piccola ed unica amica…2



Ah, caro Scoiattolo,
siam qui che continuiamo a inanellare metafore, come fossero perle, nella nostra collana di pensieri. Quest'ultimo libro di cui mi parli per tutta la lettera mi sembra che più di altri suggerisca una possibile risposta alla questione. Fin dal titolo: si può. Mi sbaglio?
Io, d'istinto, preferisco trovarle da me le risposte e mi piace anche poco dare consigli in giro...
E men che meno li vorrei leggere in un libro.
Ma, ciò nonostante di Si può, accetto la costruzione - è proprio il caso di dirlo - metaforica. A me piacciono tanto le metafore, mi sono congeniali per comunicare con gli altri (se piccoli, ancora meglio): li offro in giro perché sono succosi e irresistibili piccoli frutti da raccogliere sulla pianta dell'immaginazione.
Ops, vedi, ci sono caduta di nuovo.
Tra i libri di cui ti ho parlato, alcuni sono treni che attraversano diretti la questione che ci interessa, ma più d'uno invece è stato costruito su una metafora: penso al libro di Ringtveg, con il matrimonio tra Sconforto e Dolore e Gioia e Letizia oppure a quello di Jeffers, con il cuore stretto in una bottiglia.
Però, vedi, qui in The heart in the bottle3, è così tanto potente la metafora che quasi puoi dimenticare per un momento la ragione che ha spinto quella bambina a chiudere il proprio cuore in bottiglia, ovvero il suo bisogno di metterlo al sicuro dal dolore. Quando ormai grande, un giorno, girando sulla spiaggia dove andava da piccola, incontra una bambina che, come lei, fa domande, succede qualcosa. In quell'istante a lei si riannoda nella testa il ricordo della propria infanzia felice e appagante con il nonno. Per questo vorrebbe non doversi limitare a dare risposte a quella bimbetta, ma volerle anche un po' di bene, essere affettuosa attenta e premurosa, come allora lo fu suo nonno con lei.
Serve il cuore, per farlo. Ma il suo è imprigionato al collo in un vetro che sembra non cedere. Jeffers gioca, gioca sereno con questa situazione d'impasse


Non percepisce nessun peso sulle spalle, che gli impedisca di far partire una risata, in chi legge. Scuotere la bottiglia, prendere delle tenaglie per estrarlo, un martello per romperla, una sega o un trapano, un candelotto di dinamite (ah, i meravigliosi crescendo di Jeffers. Tu che sei scoiattolo musicista sai a cosa alludo, vero?)...
Niente da fare: il cuore è sempre lì in bottiglia. Non serve neanche salire su un altissimo muro e buttar la bottiglia così dall'alto, a meno che essa non rotoli fino in spiaggia, ai piedi di quella bimbetta curiosa che, molto seplicemente, lo estrae con il suo ditino felice.
Si stappa un mondo, ovviamente.


E a coloro che sono in cerca di risposte pacificatorie, lieti fini, o morali di facile apprendimento e scontate, Jeffers nega la soddisfazione di vedere - davanti alla donna, seduta finalmente sulla poltrona del nonno, lmentre legge curiosa miliardi di nuove storie - la bambina in rapito ascolto.
Lei non c'è. Non c'è ora? È appena andata via? Forse arriverà, o forse no. Semplicemente no.
Ecco, Scoiattolo mio bello, questo è ciò che vado cercando nei libri. Gli e forse, i ma chissà...
La metafora che però mi ha fulminato per tutto questo tempo di lettere con te è nel libro più solare che abbia mai letto su un tema così ctonio.
Ti ricordi il cane e il topo ad arrovellarsi sulla panchina per trovare un posto alla coniglia appiattita? 4


Ecco, loro, dopo tanto pensare, tanto guardarsi attorno, hanno finalmente la soluzione per lei. Costruiscono una croce, o meglio un telaio a croce, per un grande aquilone grigio. Con delicatezza, la prendono e con chiodi e martello (!), forbici e nastro adesivo le fissano mani e piedi, orecchie, naso e fianchi alla croce. Impiegano un bel po' a farla decollare, dopo 42 tentativi il cane finalmente riesce e la coniglia comincia a salire, salire e salire. 'Pensi che si stia divertendo lassù?' chiede l'uno all'altro, provando a immaginare come possa apparire il mondo da lassù.
La risposta, caro Scoiattolo, il poeta direbbe che è nel vento, ma quel cane che poeta non è (sic?) dice più umanamente 'non so...non so'. Poi, passa il filo al topo, 'vuoi provare?' e il topo fa... la cosa giusta. 


E io sono con loro.

Abbimi cara

Formica

[fine]

1B. Masini, A. Papini, Si può, Carthusia 2014
2K. Crowther, La visite de Petit Mort, L'ecole des Loisirs 2005
3O. Jeffers, The Heart and the Bottle, HarperCollins 2010
4B. Oskarsson, The Flat Rabbit, Owlkids Books 2014

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