venerdì 27 gennaio 2017

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


INTO THE WILD

Il signor Tigre si scatena, Peter Brown (trad. Alice Pascutti)
Il Castoro 2016


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

"Tutti erano soddisfatti del modo in cui andavano le cose.
Tutti eccetto il signor Tigre.
Il signor Tigre era stufo di essere sempre così educato.
Voleva lasciarsi andare.
Voleva divertirsi.
Voleva essere...selvatico."


Era stanco di prendere il tè delle cinque. Era stanco di dover portare il cilindro e di doverlo alzare in segno di saluto a ogni conoscente che incontrava per strada. Era stanco di camminare sempre impettito. Così un giorno gli venne in mente una idea davvero folle: mettersi finalmente a quattro zampe e scorrazzare per le vie della città, ruggire a squarciagola dalle panchine del parco, saltare di tetto in tetto come un gatto e infine tuffarsi nella fontana centrale e uscire dalla parte opposta, del tutto diverso...


Il suo comportamento selvatico sdegnò l'intera città che, a una sola voce, lo invitò ad andare a fare il selvatico, nel luogo adatto: la selva. 
Non se lo fece ripetere due volte e si lasciò alle spalle il grigiore della città per correre incontro alla lussureggiante selva. La si scatenò senza alcun freno, ma lontano dagli amici, dalla sua città e la sua casa la sua gioia durò poco. Così decise di tornare indietro sui suoi passi...e quel che trovò lo lasciò senza parole. Il suo gesto non era passato inosservato e inascoltato e anche in città le cose stavano cambiando...Essere se stessi era all'ordine del giorno!


I buoni autori di albi illustrati non lasciano nulla la caso. Fin dai risguardi si può dire qualcosa: la tessitura incombente di un muro grigio si stende senza soluzione di continuità lungo i primi due fogli. 
Ecco, si parte da una pesantezza. La conferma si trova già alla prima pagina con un viavai di animali grigi che passeggiano seriosi lungo un grigio viale di una grigia città. Sguardo a terra, nessun accenno di sorriso. Neanche tra i più piccoli che, al contrario, sono tenuti a bada se accennano una corsetta. 



Linee verticali di palazzi alti, il nero delle finestre cieche il grigiore dei comignoli fuligginosi. E in mezzo a tanto grigio accende l'attenzione una macchia di colore, una macchia di arancione dallo sguardo perplesso: il signor Tigre che non ne può più...
Ciò che è detto a parole, nell'immagine prende forma e diventa necessario fare un gesto di rottura e dalla verticalità, conquistata a chissà quale prezzo, si passa alla vecchia e originaria orizzontalità di un quadrupede, quale la tigre è.
Ulteriore conquista è il passaggio dalla costrizione dell'abbigliamento, conquistato chissà a quale prezzo, alla libertà della nudità di un manto elegantemente rigato, quale la tigre ha.
E come? Con una fontana centrale che, come la fonte della giovinezza, risputa fuori una tigre 'tutta nuova'.
Terzo passo verso la riconquista di sé: a zampe lavate via dal grigio verso il verde.


Il libro potrebbe finire qua, ma inaspettatamente il racconto fa una conversione a U e torna indietro. E a questo colpo di scena se ne aggiunge un altro in cui si constata che il signor Tigre con la sua idea davvero matta ha spianato la strada a un bel po' di cambiamenti. Il più evidente dei quali è la conquista della libertà di essere se stessi, camicia hawaiana inclusa, senza farsi sopraffare dalle convenzioni. Nei risguardi di chiusura il muro è sparito e ha lasciato spazio a una tessitura di foglie.
Chiaro il messaggio?


È sotto gli occhi di tutti l'ispirazione alla storia del piccolo Max il quale, altrettanto bisognoso di libertà e wilderness e altrettanto stanco di essere inappuntabile, si concede un viaggio 'di sogno' nel Paese dei mostri selvaggi. Ma c'è anche quella di un altro felino che sente l'urgenza di cambiare vita, ma in senso inverso rispetto a quella del signor Tigre (d'altronde la noia si nasconde ovunque). Penso al viaggio di Lafcadio (Shel Silverstein, Orecchio acerbo 2009), dalla savana alla città e ritorno. Anche lui annoiato dalla routine, si allena per diventare il più grande tiratore e si concede, a quel punto, un soggiorno urbano che ne cambia letteralmente i connotati.
Che siano veri e propri omaggi di un giovane autore già molto affermato e pluripremiato o che siano anche solo riferimenti inconsci a un tema caro a due 'miti' che hanno fatto la storia dell'illustrazione in America e nel mondo, sta di fatto che le fondamenta tematiche di questo libro sono molto solide. 


Parimenti di grande interesse è la grammatica iconica usata: a parte l'impiego allusivo del colore di cui ho già detto, mi paiono degne di attenzione alcune soluzioni figurative. In primo luogo la lenta trasformazione della maschera inespressiva della tigre, in un crescendo di espressività (un colpo di genio la tigre che si abbassa nella pagina). Accanto a questa, la sua rigidità nella postura si scioglie, pagina dopo pagina, fino a raggiungere la sinuosità che conosciamo propria dei felini. Perdendo giacca, cilindro, pantaloni e scarpe la tigre si libera di un 'habitus' che non le è proprio e si sgranchisce, stirando e gonfiando i muscoli nella corsa, nel salto, nel nuoto e nella voce.


La tavola centrale è il fulcro del libro che, molto sapientemente, Peter Brown affida al solo disegno. Chi vuol capire, capisce.
Ultimo ma non ultimo elemento attrattivo di questo primo libro di Peter Brown che sbarca in Italia è l'intreccio fitto di ripetuti motivi figurativi, veri e propri pattern, che costituiscono la scenografia dell'azione e che si moltiplicano, spigolosi e cupi in città e tondeggianti e chiari nella selva, quali emblemi di due mondi che si oppongono l'uno all'altro.


Carla

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