martedì 19 aprile 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


LA CENA È PRONTA!

Come? Cosa?, Fabian Negrin
Orecchio acerbo 2016

ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)

"- Ehi, che cosa vuoi mangiare stasera?
- Purè di patate! Il vento soffia.
- Come? Cosa? Due grandi frittate?
- Stasera tuo padre vuole due grandi frittate! Il vento sbuffa.
- Come? Cosa? Delle palme impanate?"

Molto ventosa la costa, quest'oggi. Un pescatore sta rientrando dal suo giro in mare e la sua giovane moglie dal molo gli chiede cosa voglia per cena.


Complice il vento e la distanza, la donna fraintende le sue parole e la richiesta del purè di patate si trasforma in due grandi frittate. Come se non bastasse, la richiesta del marinaio continua a viaggiare e finisce alle orecchie del figlio che invece di capire frittate, pensa suo padre voglia palme impanate per cena.
Il vento soffia sempre più forte e il fraintendimento, ogni volta che il messaggio compie un passo in più verso destinazione, si ingigantisce.
Dalle palme è un passo pensare che quell'uomo per cena abbia chiesto galline ammaestrate, ciabatte slacciate o, peggio, rose slavate...
In un crescendo di forza il vento si infuria, si scatena, muggisce e l'equivoco, l'incomprensione, di passaggio in passaggio, accentua la sua distanza dalla richiesta originale di un piatto di purè.


Il punto di partenza è conosciuto. Siamo di fronte a una gigantesca partita di 'Telefono (o telegrafo) senza fili': breve frase che viene sussurrata di orecchio in orecchio fino a che, alla fine del giro, essa, spesso e volentieri, risulta tutt'altra.
A parte la facile ironia sul fatto che l'ultimo orecchio della fila fosse proprio un 'orecchio acerbo', questo libro fatto di vento e poche parole ha un bel po' di cose da dire.
È un gioco, uno scherzo 'in crescendo' con il lettore. È anche un albo che ha un obiettivo alto, quello di raffigurare il suo protagonista invisibile: il vento.


In tale prospettiva esso costituisce un difficile e doppio esercizio da parte dell'autore che deve dare, da un lato, un ritmo in progressione alle parole, veri e propri anemometri che registrano la forza sempre crescente del vento, e dall'altro rendere questa sempre maggiore intensità di un elemento di per sé invisibile attraverso i suoi effetti sempre più devastanti.
Si parte con una brezza che smonta un tarassaco, poi si spettinano capelli, si sciolgono turbanti, si alzano le gonne, scappano i cappelli, turbinano le foglie e i petali, si sollevano i giocattoli, si bucano le vele e il mare mugghia. Si alzano le onde a tal punto da travolgere ogni cosa.
Tutto questo però, ed è già molto, nella mente di Negrin non può essere bastante.
Lo conosciamo come acuto e ironico lettore dell'umanità -e in questo libro è molto varia- e rimane difficile pensare che questo libro sia stato per lui solo un gioco, un divertentissimo gioco. 



Non è sufficiente pensare che il senso di tutto sia: le parole vagano nell'aria come i semi di un soffione. 
Ed ecco che, tra un soffio e una raffica, ci pare di poter cogliere un senso ulteriore che tutta la storia ha in sé. Questo continuo fraintendimento di parole tra gli adulti e il bambino che attraversa l'intera vicenda in cerca di una cena per suo padre non è solo un esercizio di stile, ma piuttosto una spia di una diffusa incomprensione, forse vera e propria incomunicabilità tra i due mondi. Un continuo e ripetuto errore di 'ricezione' che tanto mi ricorda Rodari quando, sul diretto Capranica-Viterbo, raccontava di un uomo vecchio con un orecchio acerbo, che serviva a facilitare una comunicazione tra grandi e piccoli.
Il cerchio potrebbe chiudersi qui. 


Così facendo, però, non si metterebbe in luce la qualità altissima del disegno, il raffinato gioco finale che fa chiudere in bonaccia la altrimenti turbinosa vicenda.
Con il crescere della forza del vento, è l'immagine stessa a deformarsi. Prospettive di visione sempre più ardite, con lesine, punteruoli e trincetti che si inclinano sul fondo della pagina, tessuti che si alzano o che si incollano ai corpi, giocattoli che fluttuano, viali alberati che diventano gallerie del vento in cui è impossibile non decollare...E poi c'è il mare che, fomentato dal vento, si ingrossa a raccogliere nella sua onda gigante, balene e un mondo, ormai sotterraneo, dove si riconoscono, tra automobili, scarpe e tazze di tè, la tour Eiffel, il ponte Carlo di Praga, l'Empire State Building e, più piccola degli altri, la torre di Pisa.
Tutto concorre verso il gran finale dove Negrin, con una capriola di senso e usando l'oggetto libro come vettore per scavalcare la situazione ventosa (tutti ricorderanno il lupo che buca la pagina per spuntare nella successiva al solo scopo di fare più in fretta; In bocca al lupo, Orecchio acerbo 2005), chiude in bellezza.


E noi con lui, solo un po' più spettinati di prima.

Carla


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