lunedì 24 aprile 2017

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


"...E PIANGERE È IL NOSTRO LAVORO"

Piangete, bambini!, Alberto Masala, Daniela Pareschi,
Il Barbagianni editore 2017


POESIA

"PITTÒRICA PIANGE

Se mette le scarpe
per andare a scuola,
Pittòrica piange.
Lo sa che si deve
portare
le scarpe se piove.
Ma non c'è rimedio: lei ama
le scarpe che mette ogni giorno.
Le indossa vedendo
commossa le scarpe invecchiare.
E piange d'amore di scarpe."

Una delle venticinque (+6 che si vanno ad aggiungere, nell'avanzo del libro) poesie scritte da Alberto Masala per istigare giovani lettori e lettrici al pianto e per rendere un 'modesto omaggio' ad Aldo Palazzeschi. 


Così come recita in modo esplicito il titolo, non è possibile non commuoversi per la triste storia del bambino Nicola sull'albero sbagliato: un pero a lui che non ama le pere; o per la storia di Agapito Sella e famiglia, o del bimbo Tapino dalla cui mamma è spedito in piscina per far sì che, tra una lacrima e l'altra, impari a nuotare.
Bambini che si piangono addosso, oppure, come accade a Pittòrica, che si commuovono sulle scarpe che invecchiano.
E a questi si aggiungono Edipo Del Cuore che sogna una mamma, anzi tre, e Francesco Rimorsi che gira in mutande e ruba banane a suo zio Scimpanzè.

Poesie così fan saltare dalla sedia. Ma è Masala, perché stupirsi? Più lo leggi più lo leggeresti, piano ma anche e soprattutto ad alta voce, per molteplici ragioni che vanno dalla bellezza in sé, alla musicalità data dal suono delle parole scelte, all'ironia che si intreccia con l'assurdo, alla ricercatezza e alla cura messa nel verso e finanche in ogni singola virgola, che segna la pausa del fiato.
Precisi meccanismi a orologeria, le poesie si dispiegano nello specchio di una pagina, confine ideale che non devono mai valicare. Filo rosso che le tiene insieme è il pianto nelle sue declinazioni: lagna, singhiozzo, piantarello, scroscio disperato.
Mi rimane sempre difficile, perché ne constato ogni volta il limite, riuscire a scrivere dei libri di poesia che mi colpiscono. Credo dipenda dal fatto che se racconti la bellezza, di fatto la smonti. 


Tuttavia, con un po' di goffaggine, provo a mettere in sequenza alcuni valori che riconosco a questo libro che ai più potrebbe sfuggire, perché di una casa editrice piccola piccola e con un catalogo 'divergente', almeno riguardo alla resa estetica, rispetto a Piangete, bambini!
Il primo valore, in ordine di apparizione e non di importanza ben inteso, è dato dalle due introduzioni (il libro ha due copertine contrapposte e capovolte, due parti diseguali che si incontrano a un certo punto. L'una contiene 25 poesie, l'altra, detta l'avanzo, ne contiene solo 6).
Pretesto, peraltro subito smentito dai fatti, della separazione sta nella dedicazione a un pubblico di adulti, del cosiddetto avanzo.
Non è così: la poesia è per tutti, per cui mischiamo le letture e non succederà nulla di male. 
Riguardo alle due introduzioni, invece, una distinzione ha la sua ragion d'essere. In quella per gli adulti, di Alessandro Giammei, cui fanno seguito un paio di appunti dell'autore sulla genesi del libro, si toccano alcuni aspetti nodali dell'opera.
A parte una breve ricostruzione storica dell'errore di valutazione, nato con Croce, riguardo alla poesia adatta ai bambini da tenere distinta rispetto alla poesia alta, Giammei elenca le gemme di questo libro e io gli vado dietro.
La prima, la deontologia con cui Masala scrive ai piccoli. Lo stesso rigore di sempre che gli permette di non abbassarsi per essere capito, ma al contrario, di mantenere alto e, aggiungerei, universale, il suo canto. Un grande mestiere che denuncia la consuetudine a lavorare con ritmo e accento, tanto da rendere sonoro ogni verso. E in questo torna l'omaggio voluto nei confronti di Palazzeschi in una rivisitazione totalmente personale - non è esercizio di stile, sia chiaro - dell'assurdo che si intreccia al simbolismo, del gioco di parole che radica sulla compostezza classica. In questo senso il verso di Masala, come lo fu quello di Palazzeschi, non delude mai, torna sempre a completarsi nella rima finale che lo tiene lontanissimo dalla cantilena.


La seconda, o forse è già la terza?, gemma: stupore sonoro dopo stupore sonoro, Masala ha l'abilità di costruire in ogni poesia un piccolo racconto, dai finali a sorpresa, il più delle volte.
Per citarne uno su tutti: Dracone che non vuole assaggiare né antipasto né pasto e dice 'se mangio mi sento commosso'. A lui quella gru non va proprio giù, vorrebbe mangiare fagioli e formaggi. E' dura la vita di un vegetariano tra i coccodrilli!


L'altro merito è dato dalla dimestichezza di amministrare il linguaggio. 
Generoso e senza confini, Masala inventa toponimi e nomi propri, veri giochi, che ogni volta sono una festa: la magia si fa parola, o viceversa? Nomi e luoghi diventano immediatamente allusione: Severo, Tapino, Sola e Grave, Zio Tantalo Birra, con i nipoti Curiosa ed Andante, Effigie, Giallastrico, Altisonante, Edipo del Cuore, Sorte in provincia di Niente fino ad arrivare a Redenta Volante.


Ultimo, il merito di aver scelto un filo rosso controcorrente: il pianto fa bene. A parte lucidare gli occhi e renderli ancora più profondi nello sguardo, il pianto fa bene, ed è qui l'ennesimo guizzo, ai bambini!
In questa grossolana e parziale operazione di smontaggio, un valore va riconosciuto ad alcune illustrazioni di Daniela Pareschi, che spesso, anche se non sempre, sa essere allusiva e misteriosa almeno quanto lo sono i versi di Masala. Seppure con esiti discontinui, mi pare di cogliere una buona capacità di organizzare lo spazio e di creare - anche in senso metaforico - prospettive insolite: proporzioni mutevoli, teste tagliate, ombre evocative, primissimi piani, pagine a vignette che hanno da dire qualcosa rispetto al segno e al colore. Una cosa però mi lascia perplessa: le due copertine che, forse, non concedono respiro al disegno, che invece  's'impasta' con tanto, troppo testo.
Ma non piangerò per questo...

Carla

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