lunedì 27 gennaio 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per sognare)

RICORDARE È L'UNICO ANTIDOTO

Otto. Autobiografia di un orsacchiotto, Tomi Ungerer
Mondadori 2003


NARRATIVA PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Il giorno in cui mi trovai in una vetrina di un rigattiere, dissi a me stesso: "Sei diventato vecchio, caro Otto!
Sono nato in una piccola fabbrica della Germania e ancora oggi ricordo..."

Otto, orso di pezza, non dimentica e attraverso i ricordi comincia a raccontarci la sua storia.
Cucito all'interno di una fabbrica tedesca, fu comprato da un padre e una madre come regalo di compleanno per il loro bambino, David.
Compagno inseparabile di ogni suo gioco, Otto è un orsacchiotto particolare. Porta su di sé un segno che lo rende riconoscibile: una macchia di inchiostro sull'orecchio, che non è mai più andata via.
Otto è testimone muto del terribile destino che si delinea per David e per la sua famiglia. Anche David ha una macchia sui suoi vestiti: una stella gialla che lo rende riconoscibile: David è ebreo.
Un attimo prima di essere portato via da uomini feroci in divisa, David lascia in custodia il suo amato orsetto all'amico Oskar. Con lui Otto sperimenta l'orrore della guerra: bombardamenti, fughe nei rifugi antiaerei, morte e la città distrutta. Finito sotto le macerie di una grande esplosione, Otto viene trovato da un soldato americano al quale salva inconsapevolmente la vita, trasformandosi per lui in scudo contro un proiettile nemico. Pupazzo eroe, cui l'esercito degli Stati Uniti conferisce anche una medaglia al valore, Otto sbarca in America dove ha di nuovo una casa e l'amore di una bambina intorno. Ma la serenità  dura poco. Attraverso altre peripezie finisce nella vetrina di un rigattiere, davanti alla quale passa però un giorno un anziano turista tedesco che lo riconosce, grazie a quella macchia di inchiostro fatta durante un gioco di tanti anni prima...
I tre piccoli amici di un tempo, Oskar, Otto e David, ormai vecchi si ritrovano a ricordare le loro storie davanti a un bicchiere di vino. Sopravvissuti a tanti orrori, i tre ormai inseparabili hanno un compito importante da svolgere: conservare la memoria della loro vita passata. Essere testimoni, in un racconto che non deve mai finire nel silenzio.

Carla

Una bambina da un altro mondo, Aharon Appelfeld
Guanda 2014


NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)
 
Una bambina da un altro mondo, dello scrittore israeliano Aharon Appelfeld, è una favola. Ma è anche un racconto, trasfigurato. Parla di due bambini ebrei, Adam e Thomas, nell'Europa dell'Est, verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, con l'esercito tedesco prossimo alla disfatta, l'Armata Rossa che avanza, liberando i territori dal giogo nazista. Ma lo spietato sistema di annientamento, la 'soluzione finale', è ancora attuato con la precisione chirurgica e la ferocia che hanno già causato milioni di morti. Quindi anche nel paese in cui vivono i protagonisti si fanno ancora rastrellamenti, si avviano treni piombati verso la destinazione finale.
Adam e Thomas si ritrovano in un bosco, in cui le rispettive madri, pur senza dirselo, hanno mandato i loro figli, nell'ultimo disperato tentativo di salvarli dai rastrellamenti. Hanno con sè lo zaino con delle coperte, medicinali, le provviste per qualche giorno; devono raggiungere la casa di una contadina, ma non la raggiungeranno mai. Il racconto non è che la descrizione del loro operoso sopravvivere, del loro industriarsi, del resistere alla fame e alla paura. Del loro crescere, con la testa piena di domande senza risposta, hanno forse fatto qualcosa di male, sarà perchè sono ebrei? Ma soprattutto dei loro incontri: con Mira, la bambina da un altro mondo, ospite, in realtà sfruttata a maltrattata, di un contadino, che procura loro di nascosto il latte, il formaggio, il pane, consentendogli, così, di sopravvivere. Sergej, l'anziano contadino, che, al sopraggiungere dell'inverno, li aiuta come può. I fuggitivi, che i nostri ragazzini cercano di aiutare, mentre all'orizzonte si sentono i cannoni dell'Armata Rossa.
Questa storia è una favola, racconta un finale con le mamme ritrovate, l'ospedale da campo dell'esercito russo che li accoglie e cura Mina, fuggita dal suo persecutore. E' proprio la sua leggerezza a colpire al cuore, esattamente nel momento in cui ci dice che a questi bambini è andata bene, anche se è toccato loro in sorte un'infanzia terribile. Perchè sappiamo che quello che racconta è vero, e rieccheggia la biografia dell'autore, è successo realmente. La persecuzione, i rastrellamenti, la crudeltà pianificata, organizzata come un sistema industriale, nell'obbedienza nella compiacenza nell'indifferenza dei più.
La trama ricorda il poetico Lo zoo di mezzanotte, dove la disperazione veniva trasfigurata nella dimensione fantastica. I bambini che fuggono di notte nei campi, la madre che allontana i figli come estremo gesto d'amore. E ricorda tante fughe, vere, presenti, tante persecuzioni, tanti bambini cui è sottratta l'infanzia.
Ne sono convinta, ricordare è l'unico antidoto ad un veleno, multiforme, tutt'altro che annientato. Ricordare i sommersi, i salvati, ma anche chi è stato capace di dire no, opponendosi al dominio del male, è un dovere.

Eleonora



Nessun commento:

Posta un commento