mercoledì 28 agosto 2013

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


I 10 mesi che mi hanno cambiato la vita, Jordan Sonnenblick
Giunti 2013

NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)


"Ragazzi, se volete zittire all'istante un bel gruppo di adulti, evidentemente 'Mio fratello ha il cancro' è il segnale in codice giusto. Quelli sono rimasti a fissarmi in silenzio per più di quindici minuti. Be' forse è un po' esagerato, ma avete capito. Mentre cercavo di soffiarmi il naso e asciugarmi gli occhi con quello schifo di fazzolettino supersottile senza farli vomitare tutti, pensavo: 'Perché insistono tanto per tirarti fuori la verità, se poi non la vogliono sentire?'"

Circondato da tutti i suoi insegnanti, Steven Alper ha appena confessato qual è la ragione del suo crollo improvviso nel rendimento scolastico.
Avere tredici anni è un'impresa già di per sé: farsi accettare dagli altri per quello che si è, rendersi 'visibile' alla ragazza che ti piace da morire, riuscire ad uscire dalla mediocrità quando suoni la batteria, riuscire a prendere la giusta distanza da mamma e papà, sono tutti cimenti che questo ragazzino ha davanti a sé e a questo percorso già piuttosto in 'salita' si aggiunge il grande problema: la leucemia infantile che ha colpito Jeffrey, il suo fratellino di appena cinque anni.
Questo è il contesto: una famiglia quasi sul lastrico, un fratello senza sistema immunitario, una madre disoccupata, un padre superoccupato, la ragazza dei sogni offesa e un debito assicurato in matematica.
C'è di che uscire pazzo, eppure Steven non perde mai la bussola. Lui segue il suo istinto e applica un utile consiglio che tutti dovrebbero tenere a mente: 'invece di tormentarti con le cose che non puoi cambiare, perché non ti concentri sulle cose che puoi cambiare?'.
In tal modo Steven veleggia e mantiene la rotta verso la soluzione dei problemi: è interlocutore ed esempio per suo padre che troppo spesso si dimostra debole e incerto, è sostegno per sua madre nei momenti di cedimento, è degno sostituto del pupazzo del fratello, portafortuna e 'infusore' di coraggio, è esempio di maturità e determinazione agli occhi della sua scuola, insegnanti e compagni.
Ma soprattutto Steven è utile a se stesso. Sebbene sembri accorgersene solo a cose fatte, in ogni occasione sa dare il meglio di sé e in tal modo si avvia a passi da gigante verso il suo personalissimo traguardo: diventare un uomo.

Una riflessione che dovrebbe sempre accompagnarci: come è sottile la linea di demarcazione tra la vita normale e il dramma. Ma se è così sottile allora forse ci possono essere anche punti di tangenza e permeabilità tra il prima e il dopo.
Sonnenblick, già conosciuto in L'arte di sparare balle, ci ha abituato alla risata. Ora resta da chiedersi in una storia del genere come possa entrarci la risata. Che ci sarà poi da ridere, vista la vicenda così drammatica? Eppure si ride. È una risata, è quella risata che arriva nonostante tutto. Così come può capitare di ridere a un funerale, o da un letto di ospedale...
Nella risata c'è allora uno di quei punti di tangenza, di permeabilità.
È facile in questo libro ritrovarsi spesso a sorridere, ma -e soprattutto- ci si commuove per la tenerezza di certe situazioni.
Penso alla costante 'trattativa' tra Steven e Dio: continue promesse in cambio della guarigione per il fratello. 'Se non mangio più ciambelle Jeffrey guarirà, se non gli do più pizzicotti Jeffrey guarirà, se mi passo il filo interdentale tutte le sere Jeffrey guarirà'.... Penso all'idea di raparsi a zero da parte di Steven e poi della sua band per dichiarare al mondo da che parte abbiano scelto di stare...
Insomma commozione, sorrisi, risate e tanta autenticità nel racconto piuttosto dettagliato e ben documentato di cosa sia il decorso di una malattia seria come la leucemia. Un finale che cresce di pathos ad ogni pagina e che tutto sommato rimane giustamente aperto. Molte delle questioni sono in via di soluzione, ma i capelli di tutti stanno ricrescendo, anche quelli di Jeffrey.

Carla

Noterella al margine. Bambini e cancro: tema complesso che già in Oh boy! ha trovato un esito felicissimo nella rara prosa di Marie-Aude Murail (Giunti, 2011). Curiosa la circostanza che mi ha visto leggerlo due anni fa esatti, seduta nella stessa scomoda poltrona, guardando le stesse colline liguri che mi hanno visto passare dal riso al pianto e viceversa con analoga facilità, anche in questi ultimi giorni d'agosto.

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