giovedì 28 febbraio 2013

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


LA DUREZZA DELLA GUERRA


Questo è forse il romanzo più duro di Dowswell, già autore di Ausländer e de Il ragazzo di Berlino, vedi qui, ma è intenso ed emozionante, con un grande ritmo narrativo. In L’ultima alba di guerra racconta le ultime ore della Prima guerra mondiale, una delle gigantesche carneficine del Novecento. La racconta dal punto di vista di tre ragazzi, e questo è uno degli orrori, due di sedici anni e uno di diciotto: un americano, pilota, un inglese e un tedesco, fanti.
Tanto, tantissimo si è scritto nella saggistica storica, per descrivere il primo orrore con cui il XIX secolo si è presentato al mondo; nei recenti romanzi per ragazzi l’argomento è trattato incidentalmente, per esempio ne La Dogana Volante o L’estate di Abilene Tucker; qui, invece, il cuore della narrazione è proprio la descrizione di queste ultime ore di guerra che si snodano davanti agli occhi terrorizzati o incoscienti di questi giovani, che abbandonano per sempre la dimensione adolescenziale per entrare, loro malgrado, nel teatro di una gigantesca tragedia, in cui non esiste ragione o pietà o commozione, ma solo la speranza di tornare a casa vivi. La situazione in cui sono rappresentati è paradossale: è stato firmato l’armistizio, ma scatterà dopo alcune ore durante le quali la guerra continua a falcidiare esseri umani. I due giovani fanti si ritrovano a cercare di sopravvivere sui due versanti opposti di uno scontro, il pilota americano tenta la sorte per abbattere un ultimo aereo nemico. I tre, nel convulso finale, s’incontrano, nel disperato tentativo di salvarsi. In questo intreccio di destini c’è chi si salva e chi no.
La situazione di una guerra di trincea è rappresentata con crudo e doveroso realismo, senza dilungarsi sui particolari più crudi, ma senza risparmiare al lettore la sensazione di angoscia e di distruzione che la guerra porta con sé. I colpi di mortaio, le raffiche di mitragliatrice, i bombardamenti aerei causano corpi martoriati, paura e sgomento e morti e ancora morti. E se questo era già troppo, sono bastati pochi decenni per fare ancora peggio. Per non parlare di quello che è successo negli ultimi cinquanta anni.
Si può discutere a lungo sull’opportunità o meno di rappresentare con realismo gli orrori del mondo quando il lettore è un ragazzo, e qui, ovviamente, parliamo di lettori ‘maturi’, dai tredici anni in su. Personalmente ritengo che un adeguato vaccino alle sirene del falso patriottismo, dell’inevitabilità dell’uso della violenza, sia necessario, proprio perché i nostri figli non hanno alcuna nozione della guerra, se non molto indiretta, non hanno sentito parlare di fame, di prigionia, di paura; semmai, nel loro immaginario, s’identifica con le immagini dei videogiochi. Quello che trovo viceversa importante e decisivo è non mancare mai nel proporre la speranza, la possibilità di uscire anche dalle situazioni più difficili o comunque, se pure il sacrificio è necessario, come ne Il pianeta di Standish, non sia inutile e fine a se stesso. Qui, il lieto fine è parziale, ma credo che non avrebbe potuto essere altrimenti, a meno di perdere in credibilità. In altri casi, abbiamo visto, il finale positivo manca del tutto, anche se nel descrivere la realtà si sceglie un linguaggio poetico: è il caso, per esempio, de Lo zoo di mezzanotte, vedi qui, dove la dimensione fantastica, onirica vela di poesia un epilogo senza speranza. Francamente ho avuto delle difficoltà a proporlo ai miei giovani lettori, forse perché condizionata da quello che so su ciò che è realmente avvenuto, mentre un ragazzo potrebbe non cogliere il riferimento storico. Resto con questo dubbio.

Eleonora

“L’ultima alba di guerra”, P. Dowswell, Feltrinelli kids 2013.





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