mercoledì 11 luglio 2012

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


PINK LADY: 
COME È DIFFICILE PARLARE DELLA MORTE



Sarà casuale, ma fra i libri per ragazzi usciti recentemente, diversi ruotano intorno al tema del lutto. Da argomento quasi tabù è diventato a suo modo un ‘filone’ della narrativa, suggerendo in realtà approcci diversi. Nel caso dell’esordiente Benedetta Bonfiglioli, è anche troppo chiaro l’intento ‘educativo’, mostrare che è possibile tornare a vivere dopo una grave perdita.
La storia è molto lineare, la protagonista, Anna, si sente abbandonata dai suoi genitori, persi in un dolore immenso, e così si lascia andare, avviandosi verso l’autodistruzione, specchio del sentirsi in colpa per essere sopravvissuta alla sorella. Finalmente i genitori si rendono conto di quello che sta accadendo sotto i loro occhi e decidono di dare una svolta alla vita della famiglia, trasferendosi in un paesino della bassa padana. Qui inizia la nuova vita di Anna, soprannominata da Marco, un nuovo amico e futuro amore, Pink Lady, dal nome di una mela dolce e dura contemporaneamente.
L’autrice, qui al suo esordio, riesce nel suo intento di descrivere il processo, lungo e doloroso, di accettazione della morte di una persona amata e di accettazione della propria vita. Ma la rappresentazione di questo percorso è forse troppo lineare, con personaggi buoni troppo buoni e troppo comprensivi, con soluzioni di vita che si realizzano con un colpo di bacchetta magica, tutto ben lontano dall’esperienza reale.
Per rendere ancora più esplicito il suo messaggio, viene introdotta un’altra storia, incastonata alla prima e raccontata in un diario ritrovato per caso nella nuova casa; un amore degli anni cinquanta e finito con un matrimonio di convenienza, salvo coltivare in segreto l’amore perduto. L’inserimento di questa seconda storia mi è parso piuttosto artificioso, inessenziale allo svolgimento del filone principale, e necessario solo a dimostrare che esistono amori o amicizie ‘eterni’.
Con un più robusto intervento in fase di editing queste ingenuità narrative si sarebbero sicuramente superate, c’è, infatti, una certa facilità di scrittura, uno stile scorrevole e adatto al lettore giovane, così come risulta efficace la descrizione della provincia padana, le sue atmosfere afose e i colori della sua campagna.



Anche Roddy Doyle si cimenta su un tema simile: quattro generazioni di donne (una in veste di fantasma) si confrontano per aiutarsi reciprocamente nell’affrontare la prossima dipartita di una di loro. Per fare questo, l’intervento del fantasma della mamma della moribonda aiuta figlia e nipote ad avvicinarsi con delicatezza al momento dell’addio, attraverso una stravagante ultima gita in macchina, per tornare ai luoghi dell’origine, alla fattoria che un tempo le ha viste insieme. Lo stile di Roddy Doyle è inconfondibile, la leggerezza e l’ironia con cui riesce a descrivere una situazione surreale e triste sono il suo tratto distintivo. Ma perché la necessità di presentare un personaggio, il deus ex machina della storia, in questa veste irreale, metafisica? Peccato, perché il rapporto fra nonna e nipote è descritto con grande sensibilità e delicatezza e da un autore come Roddy Doyle mi sarei aspettata qualcosa di più. Forse per il mio approccio laico al tema della morte non credo che per aiutare i ragazzi ad affrontare un tema così doloroso e difficile sia necessario riferirsi a grotteschi aldilà, a consolatori ‘ci rivedremo’, a prescindere dalla fede che si ha oppure no. Ma su questo, immagino, potremmo discutere a lungo.

Eleonora


Pink Lady”, B. Bonfiglioli, San Paolo Edizioni 2012
La gita di mezzanotte”, R. Doyle, Salani 2012



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